4WuZHVegXm1cjf7tl8WGMqKqxE0 LA FIAMMA DEL PECCATO: febbraio 2013

giovedì 28 febbraio 2013

Fiat Lux: Roger Deakins

Una questione che mi è sempre piaciuta poco riguardo la critica cinematgorafica è che a mio avviso si parla troppo poco di artisti che non siano registi, attori e in rarissimi casi sceneggiatori o produttori. La grandezza di un lungometraggio è sempre data dalla collaborazione di più menti, e molto spesso montatori, direttori della fotografia, musicisti, scenografi e altri "tecnici" (termine assolutamente riduttivo) hanno dato all'opera un contributo fondamentale.
Un esempio su tutti: cosa sarebbe il cinema di Martin Scorsese senza l'apporto al montaggio del genio assoluto di Thelma Schoonmaker?
L'artista che voglio celebrare oggi è il mio direttore della fotografia preferito in assoluto, l'inglese Roger Deakins. Nel cinema contemporaneo nessuno come lui ha saputo dare alla luce un valore formale e insieme narrativo di potenza così elevata. L'eleganza dell'immagine nel lavoro di Deakins si è sempre fusa con coerenza alle esigenze narrative dei cineasti con cui ha lavorato, interpretandone la volontà estetica senza snaturare la sua idea specifica. Il cinema di Deakins è sempre formalmente ineccepibile, elegante, luminoso, ma mai leccato o inutilmente estetizzante. In alcuni casi il suo lavoro sul contrasto tra luce e ombra, e conseguentemente sulla profondità di campo che tale alternanza comporta, ha ottenuto risultati incredibili. La sua collaborazione con i fratelli Coen, con cui fino ad oggi ha girato undici film a partire da Barton Fink, è a mio avviso a livello artistico la più emozionante del cinema americano contemporaneo. Il film che mi ha fatto innamorare dell'arte di Deakins è stato Fratello, dove sei?, tra l'altro il primo lungometraggio ad essere interamente ritoccato in digitale, come ho scoperto dall'interessantissimo documentario Side by Side che vi consiglio di provare a recuperare. L'anno dopo, il 2001, arrivò L'uomo che non c'era, a suggellare una doppietta cinematografica di raffinatezza estetica inarrivabile, non me ne vogliano altri grandi cineasti.
Anche quando ha lavorato con registi che avevano bisogo di una messa in scena in qualche modo meno ricercata, Deakins ha prodotto grandi immagini: penso a Fargo sempre dei Coen, oppure a Nella valle di Elah di Paul Haggis. Altri invece gli anno chiesto di spingere sul pedale del contrasto, della ricercatezza visiva: allora ecco la fotografia autunnale e potentissima de L'assassinio di Jesse James, quella di Kundun per Scorsese, oppure Jarhead o l'ultimo Skyfall per Sam Mendes. Insomma, come ho già detto, Roger Deakins possiede un suo tocco specifico che sa adattare ai registi con cui lavora in maniera impressionante.
Che non abbia mai vinto l'Oscar nonostante le 10 (!!!) nomination ottenute è a mio avviso una delle più gravi mancanze dell'Academy Award, altro che Leonardo DiCaprio (con tutto il rispetto per un attore che stimo  moltissimo)! Per Fratello, dove sei?, L'uomo che non c'era e secondo me anche Revolutionary Road - non fu nemmeno candidato! - la statuetta doveva arrivare senza il minimo dubbio. E invece...
Comunque sia, andate su IMDB o dove preferite e guardate la filmografia di Roger Deakins: sono sicuro che vi troverete almeno un paio di film che amate, più un altro numero di opere di cui ammirate la fattura visiva. Io, quando in sala arriva un film che ha lui coe direttore della fotografia, corro a vederlo a prescindere da tutto il resto...






martedì 26 febbraio 2013

Tribute to Daniel Day-Lewis

Nessun attore prima di lui è riuscito a vincere tre premi Oscar come protagonista.
Domenica scorsa Daniel Day-Lewis ha scritto una pagina importante della storia degli Academy Award, e quindi della storia del cinema. Lo ha fatto con la classe che lo ha sempre contraddistinto, e per di più con una sorprendente simpatia, qualità che invece col pasare del tempo sta smussando l'algido distacco dei tempi passati. La battuta sullo scambio di ruoli tra lui e Meryl Streep per quanto riguarda i ruoli Lincoln e la Thatcher è stata di gran lunga la più spiritosa della serata, con buona pace del fiacco conduttore Seth McFarlane...

Difficile scrivere qualcosa di nuovo su quest'artista incredibile, sulla sua arte di recitazione che possiede uno spessore drammatico e una potenza espressiva inusitati. Da più di vent'anni la sua partecipazione a qualsiasi progetto è garanzia che va ad assistere ad una prova d'attore talmente impressionante da poter essere quasi scissa dal film che la contiene. Proprio così: io ad esempio ho sempre la sensazione di andare a vedere Daniel Day-Lewis e insieme il lungometraggio in cui recita.
Tre Oscar si diceva. Meritatissimi. E aggiungerei che le prove per cui li ha ottenuti non sono neppure le sue migliori, per quanto eccelse. Se dovessi fare una classifica (cosa che, come sapete, adoro fare...) senza il minimo dubbio metterei sopra ogni altra la sua interpretazione titanica in Gangs of New York di Martin Scorsese. Quel film sbilenco e ondivago se l'è preso sulle spalle il suo Bill il Macellaio, in una performance di potenza espressiva e istrionica che ho ammirato soltanto nel miglior Jack Nicholson, quello degli anni folgoranti della Nuova Hollywood.
Sempre per il grande Martin in precedenza era stato Newland Archer in un capolavoro assoluto come L'età dell'innocenza, cambiando radicalmente registro: trattenuto e insieme appassionato, perfetto nel dare sfogo alle emozioni con un solo sguardo o il semplice gesto di una mano. Pochi hanno posseduto tale raffinatezza. E ancora più sorprendente era stato l'anno prima di incontrare Scorsese, quando nel 1992 aveva messo da parte il suo fiero distacco britannico per farsi spudoratamente virile ne L'ultimo dei Mohicani, sotto la regia di Michael Mann. Questa è la meravigliosa tripletta di interpretazioni del grande Daniel che prediligo.

Il più grande attore di sempre dunque? La tentazione di affermarlo è grande, e devo ammettere che un po' ce l'ho. Quello che invece mi lascia propendere per la risposta contraria è il fatto che non si sia mai cimentato col più difficile e sottile dei generi, la commedia. A parte un dimenticato (e francamente dimenticabile) Fergus O'Connell, dentista in Patagonia del lontano 1989, nella sua filmografia non c'è un altro ruolo che si avvicini neppure lontanamente al poter essere considerato leggero. Neppure quello del regista Guido Contini nel musical scentrato Nine. Non che debba esserci per forza, per carità, la sua arte d'attore rimane eccelsa e la mia ammirazione per lui assoluta. Però allora credo si possa più o meno disquisire sul fatto che possa essere l'attore più intenso, potente, magnetico, ma probabilmente non il più versatile. Diciamo quindi che, se devo pensare a un interprete in grado di entrare nei panni di qualsiasi personaggio in grado di evidenziare il lato gioioso della vita insieme a quello più doloroso, non è quello di Daniel day-Lewis il volto che mi viene in mente.
Vabbè, chissenefrega. Questo post ha voluto celebrare, assolutamente non limitare, la grandezza del 55enne istrione inglese.
Qual è il ruolo in cui lo preferite? Mi piacerebbe saperlo.





lunedì 25 febbraio 2013

Oscar 2013. E' tornato l'ostracismo contro Spielberg?

L'unica vera sorpresa dell'edizione degli Oscar è stata quella personalmente meno gradita, e che mi lascia più di qualche dubbio, soprattutto quello espresso nel titolo di questo post.
Steven Spielberg ha dominato il cinema americano dalla seconda metà degli anni '70 e per tutti gli anni '80, eppure l'Academy Award l'aveva sempre ridicolizzato, non regalandogli la statuetta come miglior regista o addirittura evitando di candidarlo anche quando lo avrebbe strameritato. Il colore viola possiede addirittura il non esaltante record (condiviso con Due vite una svolta di Herbert Ross) di aver ottenuto 11 nomination all'Oscar senza riceverne uno.
Ma penso anche a Lo squalo, Incontri ravvicinati del terzo tipo, I predatori dell'arca perduta, E.T., che l'hanno visto solo candidato. Mi ricordo perfino di un film complesso e densissimo come L'impero del sole, altro capolavoro snobbato. E se vogliamo mettiamoci anche una "favola" prepotente come Hook, uno dei suoi film che amo di più.
Insomma, i membri dell'Academy consideravano Spielberg un Re Mida troppo poco "adulto" e troppo conciliatorio per l'Oscar. Un errore di fraintendimento imperdonabile per uno dei storyteller più grandi della storia del cinema, sicuramente il migliore del cinema americano contemporaneo (parlo di capacità di raccontare storie, non di estetica o genio registico, sono cose differenti e solo tangenziali). Non so se riesco a spiegarmi al meglio, ma secondo me la "visione" di Spielberg (non necessariamente il cinema) in quel periodo è stata più grande di quella di Martin Scorsese, George Lucas, William Friedkin e molti altri. Solo il Francis Ford Coppola di Apocalypse Now ne ha avuta ancora più radicale, che infatti si è tramutata in un episodio di cinema irripetibile, al contrario della grande commerciabilità dell'idea di Steven. Cineasti "titanici" come James Cameron o Peter Jackson sono figli di quella visione e del modo in cui Spielberg l'ha inserita nel contesto produttivo hollywoodiano.
Poi nel 1993 è arrivato Schindler's List, il film per cui proprio Hollywood non poteva non premiarlo, ed ecco una prima statuetta che, a mio parere personalissimo, è arrivata per un prodotto straordinariamente architettato ma allo stesso tempo sopravvalutato. Non è il film più sincero e ispirato di Steven Spielberg per prima cosa, e soprattutto quell'anno doveva vincere L'età dell'innocenza di Martin Scorsese, capolavoro folgorante che neppure venne preso in considerazione per le candidature importanti.
Il secondo Oscar per la regia, questo veramente strameritato, è arrivato nel 1998 per Salvate il soldato Ryan. Però non arrivò quello per il film, andato al polpettone Shakespeare in Love. Come dire: riconosciamo il tuo talento, ma di farti trionfare secondo le tue regole neppure se ne parla. Parlo delle regole estetiche incredibili di un film che ha mostrato la guerra con un realismo devastante, come nessuno era riuscito prima, ne è riuscito poi fino ad oggi.
Da quel momento Steven Spielberg ha ricominciato a perdere: zero Oscar su cinque candidature per Munich, compresa quella per la regia, zero su sei per War Horse (e qui, adire il vero, ci può anche stare...) e poco o nulla per i suoi altri film.
E adesso un solo premio su undici nomination per Lincoln, la sua miglior prova dai tempi di Minority Report. E perché il premio come attore a Daniel Day-Lewis proprio non si poteva evitare! Questo è francamente inconcepibile, in quanto si tratta di un film "da camera" spledidamente concepito, raffinatissimo nella messa in scena, diretto con un'attenzione all'immagine e insieme una sicurezza nel dirigere gli attori semplicemente da applausi. Io ammiro molto il coraggio e la dittilità di Ang Lee, che ha ottenuto l'Oscar per la regia di Vita di Pi (Il secondo dopo I segreti di Brokeback Mountain), ma a livello di raffinatezza cinematografica Spielberg meritva totalmente di essere la suo posto. Può quindi sentirsi bersagliato un cineasta che ha ottenuto due Oscar per la regia e altre cinque nomination? Certamente, se di statuette ne meritava almeno il doppio!

Chiuso questo sfogo prolisso e personale, devo dire che gli Oscar 2013 mi hanno nel complesso soddisfatto, a parte anche l'ennesima sconfitta per un genio della fotografia come Roger Deakins (non è possibile, questo è un artista immenso!!!). Il riconoscimento che più mi ha reso felice è quello andato a Jennifer Lawrence, mia adorata "pupilla" dai tempi di un capolavoro come Un gelido inverno. Gli altri film si sono spartiti in maniera prevedibilmente ecumenica i premi, con Argo che  è stato meritatamente proclamato miglior film. Chiudo col dire che secondo me il lungometraggio più bello del 2012 rimane Re della terra selvaggia, che comuqnue aveva già ottenuto il riconoscimento massimo a cui poteva aspirare con le quattro candidature. Forse non avrei dato le due statuette a Django Unchained, ma non posso scrivere che siano "rubate", per carità. Per il resto, ordinaria amministrazione. Chiudo con una battuta su Ben Affleck, cineasta maturo e intelligentissimo. Dopo il suo trionfo qualcuno si dimenticherà finalmente di Daredevil? Io lo spero...
Sotto la lista dei vincitori in ordine di presentazione.

Complete list of winners:

Best Supporting Actor:
Christoph Waltz - "Django Unchained"

Best Animated Short:
"Paperman" - John Kahrs

Best Animated Feature:
"Brave" - Mark Andrews and Brenda Chapman

Cinematography:
"Life of Pi" - Claudio Miranda

Visual Effects:
"Life of Pi" - Bill Westenhofer, Guillaume Rocheron, Erik-Jan De Boer and Donald R. Elliott

Costume Design:
"Anna Karenina" - Jacqueline Durran

Makeup/Hairstyling:
"Les Misérables" - Lisa Westcott and Julie Dartnell

Live Action Film:
"Curfew" - Shawn Christensen

Documentary Short Subject:
"Inocente" - Sean Fine and Andrea Nix Fine

Documentary Feature:
"Searching for Sugar Man"

Sound Mixing:
"Les Misérables" - Andy Nelson, Mark Paterson and Simon Hayes

Sound Editing:
"Zero Dark Thirty" - Paul N.J. Ottosson, ex-aequo con "Skyfall"

Supporting Actress:
Anne Hathaway - "Les Miserables"

Film Editing:
"Argo" - William Goldenberg

Original Score:
Mychael Danna, "Life of Pi"

Original Song:
Adele - "Skyfall"

Adapted Screenplay:
Chris Terrio, "Argo"

Original Screenplay:
Quentin Tarantino, "Django Unchained"

Director:
Ang Lee, "Life of Pi"

Best Actress:
Jennifer Lawrence, "Silver Linings Playbook"

Best Actor:
Daniel Day-Lewis, "Lincoln"

Best Picture:
"Argo"

sabato 23 febbraio 2013

Oscar 2013: un po' di curiosità

Io sono letteralmente malato di statistiche. Riguardo l'edizione numero 85 degli Academy Award che si terrà domani al Dolby Theater ce ne sono di interessanti. Ve ne suggerisco alcune.


- Come sembra, Argo potrebbe essere il favorito come miglior film, pur non essendo nominato per la miglior regia. Nella storia degli Oscar è succeso soltanto altre due volte: nel lontano 1931 quando vinse Grand Hotel e nel 1989, anno in cui invece trionfò A spasso con Daisy.

- Daniel Day-Lewis si appresta a ricevere la sua terza statuetta come miglior attore protagonista, dopo quelle ottenute per Il mio piede sinistro e Il petroliere. Se così fosse, stabilirebbe un record. Nessun attore è mai riuscito a trionfare tre volte in questa categoria: tre Oscar li hanno vinti anche Jack Nicholson e Walter Brennan, ma il primo ne prese uno come non protagonista per Voglia di tenerezza, il secondo addirittura tutti e tre nella categoria di supporto. Il vero record da battere però è quello dell'intramontabile Hatherine Hepburn, che si portò a casa ben quattro statuette e tutte come attrice protagonista.

- Tutti e cinque i candidati come attore non protagonista hanno già vinto. Se Robert De Niro riuscisse a spuntarla raggiungerebbe a tre i già citati Nicholson e Brennan (e quasi sicuramente Day-Lewis), avendo già preso il premio per Il padrino - parte II e Toro scatenato.

- Anche il grande Steven Spielberg potrebbe fare tripletta, dopo i successi si Schindler's List e Salvate il soldato Ryan. In questo caso raggiungerebbe nomi eccellenti come William Wyler e Frank Capra, portandosi a un solo Oscar dal record di John Ford. Come dire, la storia del cinema con la S maiuscola...

- Se invece, cosa piuttosto improbabile, la spuntasse come miglior regista Benh Zeitlin per Re della terra selvaggia, otterrebbe lo stesso magnifico risultato di Sam Mendes, che all'esordio dietro la macchina da presa ottenne la statuetta per American Beauty. Onestamente non ricorso se altri cineasti ci sono riusciti, se ne trovate per favore segnalatemelo. Esatto! Come mi ha giustamente segnalato Kimmika (grazie amica mia...), c'è riuscito anche Kevin Costner con Balla coi lupi nel 1990

- Silver Linings Playbook ha attori candidati in tutte e quattro le categorie: non succedeva dall'edizione del 1976, quando Quinto potere piazzò addirittura cinque attori, trovando i due protagonisti William Holden e Peter Finch (la spuntò quest'ultimo) a competere tra loro. Mi ha segnalato giustamente Paolo che anche Reds nel 1981 ebbe quattro candidati in altrettante categorie.

- Nessuna produzione girata in lingua non inglese ha mai vinto la statuetta come miglior film, quindi Amour potrebbe (difficilmente) stabilire un primato. In precedenza avevano ottenuto la nomination film come Sussurri e grida, La vita è bella, La tigre e il dragone.

Queste le curiosità che mi sono venute in mente stamattina. Se ne trovo altre le riporterò. In caso lo facciate voi scrivetemi.

giovedì 21 febbraio 2013

"E' la storia, non chi la racconta."

Il titolo di questo post è una frase scritta anni fa da Stephen King
Vi avverto subito, di citazioni qui ne leggerete a decine: troppa gente migliore di me ha adoperato parole migliori di quante ne potrei mai trovare io per raccontare storie e sensazioni che in qualche modo mi appartengono.
L'idea alla base di questo blog è costruire una storia personale, la mia, raccontata attraverso i film. In quasi quindici anni di carriera ho scritto e lavorato per svariate testate,  adesso ho deciso di tentare di raccogliere il mio "zibaldone" in un unico contenitore. Eccovelo.
Una delle mie certezze è questa: se si conosce bene il passato allora si può interpretare meglio il presente. Vale nella vita come nel cinema. Il mio obiettivo è condividere con voi quanto di interessante mi sta accandendo e mi accadrà in futuro sperando che allo stesso tempo gettiate un occhio a quello che ho prodotto in tutto questo tempo. Così forse capirete meglio che tipo di critico sono, e soprattutto quanto ancora oggi amo questo lavoro.
L'archivio è a buon punto ma non è ancora neppure lontamente completo: abbiate pazienza, andare a scovare tutto quello che ho prodotto in tutti questi anni di lavoro è impresa titatica. Non so se riuscirò a recuperare ogni singolo pezzo ma ci sto provando seriamente e, come sempre, sono ottimista...

Se vi state chiedendo perché ho scelto La fiamma del peccato (Double Indemnity, 1944) come titolo del blog, quanti di voi conoscono il mio amore immenso per Billy Wilder avevano già la risposta: non potevo non partire da lui. Inoltre questo titolo mi è sembrato consono a quello che l'amore per il cinema rappresenta: una fiamma che non si spegne, e che nel mio caso ha condotto anche ad alcuni peccatucci. Superbia di sicuro, e in qualche caso forse anche invidia. 


Dai, come presentazione è anche troppo lunga. Tra poche ore sarò a Los Angeles, vi passerò il weekend degli Oscar. La fiamma del peccato partirà dunque con gli Academy Award. C'è modo migliore?

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