Voto: 5/10
Uno dei punti di forza del cinema di Danny Boyle è sempre stato quello di possedere una leggerezza vitale e corrosiva, anche quando ha trattato temi e toni decisamente più forti. La capacità della sua idea di messa in scena di "giocare" col testo a disposizione gli ha permesso di muoversi con coraggio e una soffusa vena anarchica dentro equilibri precari ma affascinanti. Penso a Trainspotting prima di tutto, e non potrebbe essere altrimenti. Ma anche a 28 Giorni dopo, The Millionaire e 127 Ore.
Allo stesso tempo, la fragilità delle sue opere meno riuscite sta proprio nel fatto che Boyle, qualche volta, non sembra capire neppure lui quando e quanto prendersi sul serio.
Quest'ultimo Trance mi pare un esempio piuttosto lampante: si parte con una premessa che è quella del più classico heist-movie. Poi la si condisce con l'idea decisamente intrigante della terapia dell'ipnosi. Di bene in meglio.
Per la prima mezz'ora almeno, pur senza essere un film particolarmente originale, Trance si muove spigliato e sbarazzino, intrattenendo col solito gusto visivo di Boyle. Man mano che la storia procede si intuisce però l'idea rivedibile di voler complicare a tutti i costi la trama, principalmente riguardo ai rapporti tra i tre personaggi principali. Questo, seppur non particolarmente auspicabile, non sarebbe stato neppure esageratamente pesante se il regista contemporaneamente non avesse scelto di incupire inutilmente il tono del film. Mentre procediamo verso la (cervellotica) soluzione finale, Trance diventa un melodramma fosco e incoerente, pieno di cambi di prospettiva che in nessun modo sono giustificati dalla trama precedente. Perché? Perché non lasciarlo allo stato brioso e leggero con cui era partito? Boyle si scava la fossa nel voler problematizzare e rendere "serio" il suo film - procedimento stranamente contrario a quanto ha sempre fatto - quando invece finisce per pasticciarlo e appesantirlo oltre il dovuto. Quella che sembrava essere inziata come una scampagnata solare e ritmata finisce per essere una lugubre gita in luoghi oscuri.
Come al solito, l'ultima considerazione va agli attori, che ho trovato piuttosto innocui. A Vincent Cassell è stato affidato il ruolo del criminale anche violento che però possiede sia fascino che eleganza. BASTA!!! Un altra parte come questa e penso vincerà il tostapane come il Daniel Kaffee di Codice d'onore. James McAvoy è sempre simpatico e sempre inconsistente: la sua idea di "maturazione" per questo film sembrava quella di lasciarsi crescere delle basette rossiccie. Pochino. Rosario Dawson è come al solito mostruosamente sexy, ma è credibile come terapista dell'ipnosi quanto lo sono io come giocatore di basket: 1,76m per 103kg l'ultima volta che sono salito su una bilancia. Mi sono spiegato?
Caro Danny, non aver paura di tornare ad essere leggero e gioiosamente irriverente! Mi riviene in mente un gioiellino di comicità corrosiva come Piccoli omicidi tra amici, se non sbaglio proprio l'esordio. Non si poteva tornare agli antipodi senza dover per forza complicare tutto con lo spessore? I film sono anche semplice, superficiale divertimento qualche volta. Proprio tu dovresti saperlo molto meglio di tanti altri...
Nessun commento:
Posta un commento