4WuZHVegXm1cjf7tl8WGMqKqxE0 LA FIAMMA DEL PECCATO: Tribeca Day 5 - Il grande ritorno di Neil LaBute

lunedì 22 aprile 2013

Tribeca Day 5 - Il grande ritorno di Neil LaBute

Era dai tempi del clamoroso esordio de Nella società degli uomini che Neil LaBute non realizzava un'opera cosí meticolosa e dura nell'esplorare la psicologia umana. L'idea di base del suo nuovo Some Velvet Morning è tanto semplice quanto tagliente. Una giovane donna, la visita inaspettata di un suo ex amante, una mattina spesa dentro casa in un gioco al massacro emotivo e psicologico. Niente fronzoli, nessuna concessione allo spettacolo, soltanto la realtà e la crudezza della condizione umana. Un grandioso Stanley Tucci (poteva essere altrimenti?) e la sorprendetente Alice Eve portano sulle spalle questo film da camera preciso, doloroso ed elegante. Ancora una volta il cinema di LaBute racconta che l'uomo è un essere sostanzialmente immaturo, feroce, votato all'autodistruzione quando si tratta di gestire i sentimenti. E la donna, anche nei momenti di massima frustrazione o fragilità, rimane comunque più lucida e controllata. A mio avviso una grande verità.

Del resto della quinta giornata del Tribeca Film Festival tutto o quasi è da buttare. Justin Long, in veste  di sceneggiatore e protagonista, si cuce fin troppo addosso il ruolo in A Case of You, commedia romantica tutta quasi ambientata a Williamsburg, il quartiere più "fichetto" di Brooklyn. Perché non tentare invece di uscire dagli schemi del giovane romantico e un po' goffo che tenta di conquistare la bella che crede inarrivabile? Quante volte l'abbiamo visto interpretare a Long? Anche perché stavolta a forza di accumulare troppe scene che ne mostrano l'inettitudine si finisce per reputare il suo personaggio più un cretino che un simpatico sprovveduto. Comunque sia, il film di Cat Koiro ha almeno il pregio di rendere più simpatica del solito Evan Rachel Wood. Cammeo sempre gustosissimo di Vince Vaugh, così come quello dell'impareggiabile Peter Dinklage.

Nient'altro che imbarazzante The Moment di Jane Weinstock. Dramma psicologico che sfocia ne thriller e vede coinvolte una fotografa di guerra, sua figlia e un ex-detenuto rinchiuso ingiustamente in carcere per cinque anni. Jennifer Jason Leigh è insostenibile nella parte principale, imbalsamata in un'espressione corrucciata che la rende ancora più antipatica del solito. Poco, ma davvero poco meglio fanno i pur scarsi Martin Henderson e Alia Shawkat. Melodramma polpettoso, flashback e costruzione narrativa a salti inutile, anzi dannosa, caratterizzazioni psicologiche e messa in scena rivedibile a voler essere buoni. Sarebbe stato meglio non presentarlo al Festival, ha abbassato da solo una media già non esaltante...

Ultimo lungometraggio di giornata il tedesco-irlandese Run and Jump di Steph Green, versione strampalata di Little Miss Sunshine, o almeno così a me è sembrato. Non completamente da buttare ma indeciso su che via prendere, quella della commedia gentile o del dramma a tinte forti. La seconda parte è poi estremamente dilatata e annacqua i toni e la bontà di scrittura di alcuni personaggi. Tra gli attori quel Will Forte che molti di noi amano al Saturday Night Live.


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